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Schillaci: valutiamo una revisione del fondo farmaci innovativi

“Valutiamo un modo per revisionare il sistema di valutazione dei farmaci innovativi, in particolare prevedendo la possibilità di inserire nel fondo degli innovativi anche i farmaci a innovatività condizionata, ovvero quelli che saranno poi rivalutati dopo 18 mesi”.

E’ quanto ha affermato ieri il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, a margine di una conferenza stampa. “Questo – ha proseguito – potrebbe permettere maggiori investimenti nel settore e rendere l’Italia più attrattiva dal punto di vista dell’industria farmaceutica ma andrebbe soprattutto a beneficio dei cittadini e dei pazienti”, ai quali viene garantito un più veloce accesso a farmaci efficaci ma costosi. “Verificheremo inoltre – ha aggiunto – con i ministeri competenti la possibilità di revisione dei tetti della spesa farmaceutica diretta e convenzionata”. Queste iniziative, ha concluso il ministro, “nascono dalla consapevolezza che tutti gli investimenti fatti in ricerca tornano come vantaggio per chi li fa. Per questo, per l’Italia, investire in ricerca e innovazione va privilegiato e va messo in prima linea nell’agenda politica”.

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SIMA: “8 italiani su 10 respirano aria malsana”

31 maggio 2023 – Otto italiani su dieci respirano aria “malsana”. A lanciare l’allarme sull’aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e respiratorie sono gli esperti della Sima – Società italiana di medicina ambientale. I dati sono stati illustrati ieri durante un convegno che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti istituzionali e scientifici.

Secondo gli esperti Sima circa l’81% della popolazione della Ue respira un’aria con una concentrazione di polveri sottili superiore alle soglie di sicurezza sanitaria fissate dall’Oms già nel lontano 2005. Applicando invece gli attuali limiti di legge, solo il 21% degli europei si trova in una situazione di rischio per la salute legata agli sforamenti di Pm10 e Pm2.5, ma lo stesso discorso vale anche per gli ossidi di azoto. “La questione è ancora più preoccupante perché le soglie di sicurezza sanitaria Oms sono state più che dimezzate nel 2021 – commenta Prisco Piscitelli, epidemiologo e vicepresidente Sima – La rete di monitoraggio della qualità dell’aria, capillarmente distribuita in tutte le nostre regioni, è tarata su limiti di legge, fissati dall’attuale Direttiva europea sulla qualità dell’aria in corso di revisione, che oggi risultano quindi tre volte superiori alle soglie protettive per la nostra salute, rendendo quindi necessaria una maggiore attenzione alla lettura sanitaria dei dati ambientali”. Sima allerta la popolazione anche sui rischi per la salute connessi all’inquinamento: “L’impatto è diretto ed è oggi ben quantificabile: per ogni incremento di 10 microgrammi su metro cubo delle concentrazioni medie annuali di polveri sottili, osserviamo un aumento della mortalità generale per tutte le cause pari al 7%”. Nello specifico, prosegue Piscitelli, “aumenta del 10% la mortalità per le malattie cardiovascolari o cause respiratorie, mentre l’incidenza di infarti sale del 26%. Ma un’associazione con l’aumento delle polveri sottili è dimostrata anche per il rischio di demenze e disturbi del neurosviluppo come l’autismo. Il problema è tanto più grave dal momento che non ci si può difendere dall’aria che si respira ed è possibile registrare incrementi anche più alti di 10 microgrammi su metro cubo in alcune zone d’Europa come la Pianura padana”. “È necessario un grande piano di azione per la mitigazione dell’inquinamento atmosferico – sostiene Alessandro Miani, presidente della Sima – partendo dalla Pianura Padana, che presenta forti criticità, espressamente evidenziate dall’ultimo rapporto sulla Qualità dell’aria dell’Agenzia europea per l’ambiente: avviare subito interventi fondati sull’utilizzo di coating fotocatalitici trasparenti al biossido di titanio a base etanolo, che hanno scientificamente dimostrato capacità di ridurre gli inquinanti dell’aria in sottoprodotti innocui per la salute umana, applicandoli sulle superfici murarie e vetrate degli edifici pubblici e privati. E ancora: implementare il verde urbano e peri-urbano con specie a bassa impronta idrica e alta capacità di filtrazione ed assorbimento, sarebbe utile anche a mitigare gli effetti sulla salute delle isole di calore urbano nelle città”.

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Tumori: il 45% dei pazienti ha mutazioni con farmaci specifici a disposizione

Pubblicati per la prima volta i dati relativi alle mutazioni genetiche dei pazienti oncologici curati nel nostro Paese. Si tratta di RATIONAL (The Italian Register of Actionable Mutations) e si basa su uno studio osservazionale multicentrico che ha coinvolto oltre 730 uomini e donne, colpiti da diverse forme di cancro, in cura presso 44 diversi centri della Penisola. In totale il 45% dei malati possiede delle specifiche mutazioni per le quali sono disponibili farmaci già approvati, dall’ente regolatorio italiano, oppure in fase di sperimentazione. Lo studio è stato condotto sotto l’egida della FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) e i risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica European Journal of Cancer. Obiettivo dalla nuova indagine è anche quella di fotografare la situazione italiana rispetto all’utilizzo dei test di sequenziamento genetico di nuova generazione (Next Generation Sequencing o NGS). “Sono degli esami che consentono una migliore identificazione di tutte le mutazioni di un tumore e che favoriscono pertanto l’accesso ai nuovi farmaci molecolari – sottolinea il prof. Nicola Normanno, Direttore del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione G. Pascale di Napoli e responsabile scientifico dello studio RATIONAL-. Il loro utilizzo risulta ancora basso, soprattutto quello dei test con “pannelli ampi” che abbiamo invece offerto ad alcuni pazienti arruolati nel nostro studio. I dati raccolti risultano in linea con quelli di altri Paesi europei e ribadiscono l’estrema eterogeneità biologica di alcune patologie come il carcinoma polmonare o quello della mammella, del pancreas o delle vie biliari. E’ molto interessante anche l’avere identificato la presenza di mutazioni che possono essere tendenzialmente associate ad un rischio di determinate neoplasie. Da queste è possibile avviare un’attività preventiva sottoponendo i familiari del malato a test genetici in grado di evidenziare il possibile sviluppo di una patologia oncologica”. Dai dati raccolti per RATIONAL emergono inoltre alcune problematiche. Solo l’11% dei malati, che hanno ottenuto una profilazione genomica approfondita, riescono poi a ricevere le terapie mirate disponibili. “Questo pone al centro una problematica oggi sempre più rilevante – afferma il prof. Carmine Pinto, Presidente FICOG -. E’ quella di come garantire l’accesso ai farmaci off label sulla base sia di un’alterazione molecolare actionable, evidenziata in NGS, che della successiva valutazione del Molecular Tumor Board (MTB) istituzionale che ha dato indicazione alla prescrizione del farmaco. Nessuna delle modalità attualmente utilizzabili, quali la Legge 648/96, la Legge 326/2003 art. 48 (fondo del 5%), il DM 08/05/2003 (uso compassionevole), il DM 07/09/2017 (uso terapeutico) e la Classe Cnn (farmaci fascia C, non negoziati) può governare l’impiego off-label dei farmaci come richiesto dalla profilazione genomica. Con queste modalità di accesso ai farmaci off label le attuali tempistiche non sono compatibili con  la pratica clinica.  Si determinano così importanti diversità di comportamento e disequità regionali per l’accesso ai farmaci. E’ necessaria un’indicazione di riferimento di AIFA per l’accesso ai farmaci off label con prescrizione appropriata sulla base di test NGS e dopo valutazione del MTB istituzionale. La bozza di decreto ministeriale sui MTB attualmente in discussione interviene su questa tematica, ma richiede una migliore definizione e chiarezza sui livelli di evidenza e le modalità di accesso ai farmaci”. “Per tutti questi motivi è necessario stabilire un percorso strutturato, e uniforme per tutti i pazienti, che faciliti il più possibile all’acceso ai farmaci – prosegue il prof. Normanno -. Anche per questo vogliamo dare seguito allo studio con più approfondite ricerche e il Registro va ampliato coinvolgendo più pazienti, raccogliendo nuovi dati ed offrendo anche la possibilità di accesso ai farmaci ai pazienti con mutazioni per le quali è possibile un intervento terapeutico”. “La realizzazione di RATIONAL è un esempio positivo della collaborazione che si può instaurare tra i centri accademici pubblici e le aziende private – conclude il prof. Pinto -. L’oncologia di precisione è ormai una realtà consolidata e imprescindibile nella lotta ai molti tumori: da alcuni tra i più diffusi fino a quelli rari. Il sistema sanitario nazionale italiano può essere all’avanguardia anche in questo settore ma c’è bisogno al più presto di nuove regole per migliorare le prospettive dei malati”.

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Cancro: fondazione IncontraDonna partecipa alla Vogalonga di Venezia

Lo sport previene il cancro e può essere uno strumento di supporto per il benessere psico-fisico dei pazienti oncologici. Inoltre, favorisce l’inclusione per persone che stanno affrontando (o hanno affrontato) un tumore e che possono svolgere attività sportive insieme a chi non ha avuto questi problemi. Per promuovere le tre diverse tipologie di benefici, legati all’attività fisica, la Fondazione IncontraDonna ha costituito una sua prima Squadra di Canottaggio Amatoriale. La squadra parteciperà alla Vogalonga di Venezia 2023 che si svolge domenica 28 maggio e gareggerà a bordo di un armo 8 jole fornito per l’occasione dalla Federazione Italiana Canottaggio nel quadro di sensibilizzazione e promozione del Progetto di Canottaggio Sociale. L’iniziativa gode del patrocinio di Rai Per la Sostenibilità ESG e della Federazione Italiana di Canottaggio. La Vogalonga è una regata non competitiva arrivata alla sua 47° edizione e vede il coinvolgimento di imbarcazioni a remi da tutto il mondo. Si svolgerà su un tracciato di circa 30 chilometri.

“Con questa nuova iniziativa siamo davvero “tutte sulla stessa barca” – sottolinea la prof.ssa Adriana Bonifacino, Presidente della Fondazione IncontraDonna -. Abbiamo creato un team con altre donne, di cui anche io faccio parte, e da molti mesi ci stiamo allenando sul  Tevere. Donne malate di cancro insieme ad altre Donne in un’attività sportiva inclusiva. Il canottaggio è uno sport piacevole e che favorisce il benessere anche perché viene praticato all’aria aperta. Quindi mentre ci alleniamo facciamo “scorta” di preziosa vitamina D. Con la nostra iniziativa vogliamo anche dare un messaggio forte e chiaro alle Istituzioni. I diritti dei pazienti oncologici che riescono a sconfiggere definitivamente il cancro devono essere tutelati. Circa 1 milione di uomini e donne possono essere considerati guariti e hanno diritto all’oblio oncologico, come richiesto da un’iniziativa portata avanti da Fondazione AIOM”.

Il nostro progetto di canottaggio sarà esteso dal prossimo autunno anche in altre regioni d’Italia dove IncontraDonna è presente con i suoi comitati regionali: Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Marche. Fondamentale per la riuscita dell’iniziativa è il sostegno della Federazione Italiana Canottaggio (FIC). “Siamo da sempre vicini al mondo della medicina e in particolare a quello dell’oncologia – aggiunge Giuseppe Abbagnale, Presidente FIC -. Abbiamo anche partecipato a studi scientifici volti a dimostrare come il gesto ciclico del remare possa favorire e coadiuvare la cura di alcune malattie. È un piacere contribuire a portare a bordo pazienti oncologici e questa è la dimostrazione che la nostra disciplina sportiva può davvero essere praticata da tutti”. “Dopo mesi di duro lavoro potremmo partecipare a una bella iniziativa nella splendida città di Venezia – sottolineano Nicoletta Alborino (paziente e membro della squadra di IncontraDonna) e Adriana Pannitteri (giornalista RAI, anche lei in squadra) -. “Lo sport deve essere in primis un momento di socializzazione, ne abbiamo tutti un gran bisogno, soprattutto dopo i difficili anni del Covid. Incentivare l’inclusione dei malati in attività ricreative è invece un dovere per l’intera nostra società. Quindi ringraziamo la Fondazione IncontraDonna per la splendida opportunità”.

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Servizio sanitario: mancano 30mila medici e 100mila posti letto

Nel nostro Paese mancano 30.000 medici ospedalieri, 70.000 infermieri e circa 100.000 posti letto. Il Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri ed Universitari Italiani (FoSSC) chiede al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni provvedimenti urgenti per salvare gli ospedali. L’obiettivo è porre un argine al progressivo depotenziamento della sanità. La crisi del sistema è nei numeri. In 10 anni (2011-2021), in Italia, sono stati chiusi 125 ospedali, ben il 12%. Nel 2011 (tra pubblici e privati) erano 1.120, per diminuire a 995 nel 2021, con un taglio più marcato per le strutture pubbliche (84 in meno). In un solo anno sono stati eliminati quasi 21.500 posti letto, incrementati solo per affrontare i mesi più duri della pandemia: nel 2020 erano 257.977, per poi scendere a 236.481 nel 2021. Mancano almeno 30mila medici specialisti ospedalieri: sono circa 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. Si assiste anche a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, più di 1.000 l’anno, perché all’estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori. In particolare, nei Pronto Soccorso la carenza di personale è quantificabile in 4.200 camici bianchi (in sei mesi, da gennaio a luglio 2022, se ne sono dimessi 600, circa 100 al mese). Inoltre mancano circa 70.000 infermieri. La previsione della spesa sanitaria sul PIL per il periodo 2023-2026 registrerà già nel 2024 il ritorno al valore del 6,3% rispetto ad una media dell’8,8% dei 37 Paesi dell’OCSE e del 10% circa di Francia e Germania. Oggi in conferenza stampa a Roma i rappresentanti delle 30 Società Scientifiche riunite in FoSSC si sono rivolti direttamente al Presidente Meloni per chiedere la completa revisione dei parametri organizzativi degli ospedali sanciti dal Decreto Ministeriale 70 (DM 70 del 2 aprile 2015).

“Vogliamo far sentire la nostra voce – afferma Francesco Cognetti, Coordinatore del Forum -. Rappresentiamo i professionisti che assistono i cittadini nei reparti. Il diritto alla salute è in grave pericolo nel nostro Paese. La situazione degli ospedali è davvero pesante, non più tollerabile e necessita di interventi adeguati e tempestivi. La crisi del sistema ospedaliero, a causa delle politiche deliberatamente anti ospedaliere dei precedenti Governi, paradossalmente ignorata dal PNRR, è innegabile ed ha raggiunto livelli di tale criticità da creare per la prima volta in tutti noi un enorme problema deontologico. Il Ministro della Salute Schillaci sta facendo la sua parte ed è finalmente in procinto di istituire un Tavolo Tecnico di confronto sulle criticità del DM 70 e del DM 77, che vedrà coinvolti fra gli altri gli autorevoli clinici proposti dal Forum. Ma esiste un problema di risorse. Non siamo più disposti ad assecondare, a scapito dei nostri doveri morali, le scelte politiche sbagliate che da anni, nostro malgrado, stiamo subendo come medici, con conseguenze estremamente dannose per i nostri 15 milioni di pazienti. Siamo sempre stati dalla parte dei malati e per nessun motivo intendiamo venire meno ai nostri doveri nei loro confronti. Per questo chiediamo al Presidente Meloni di adottare provvedimenti urgenti”.

“Abbiamo appreso con estremo interesse le intenzioni del Presidente del Consiglio di voler cambiare l’indirizzo e i campi d’applicazione del PNRR – affermano le 30 Società Scientifiche riunite in FoSSC -. Riteniamo che questa sarebbe un’occasione unica per la sanità di impiegare una quantità cospicua di fondi già devoluti alla medicina territoriale e destinati purtroppo a non raggiungere i risultati attesi, proprio per l’estrema carenza di personale medico ed infermieristico. Non bastano le 1350 Case di Comunità previste dal PNRR a risolvere i problemi della sanità, se non si affrontano i nodi centrali della crisi profonda degli Ospedali e delle risorse per il reclutamento del personale. Nel caso sia impossibile stornare queste risorse economiche dal PNRR, si dovrà necessariamente provvedere altrimenti. Anche l’OCSE si è dichiarata molto preoccupata per nuove crisi sanitarie nei Paesi che investono minori risorse in sanità e per l’Italia prevede ‘un investimento pari ad almeno l’1,4% in più rispetto al PIL 2021’, che equivale ad un aumento annuo di ben 25 miliardi di euro”.

“Il DM 70 del 2015 ha determinato standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera senza alcuna considerazione di quelli che erano già allora i parametri vigenti negli altri Paesi europei – continuano le Società Scientifiche -. Tutto ciò ha inevitabilmente prodotto un’estrema debolezza del nostro Sistema ospedaliero, acuita dalla pandemia. In queste condizioni sarà impossibile attuare ciò che è previsto dal PNRR sulla medicina territoriale. Non basta la costruzione di nuovi edifici, come le Case di Comunità, che non rispondono affatto all’idea di prossimità delle cure e rischiano di restare cattedrali nel deserto senza alcun collegamento con l’ospedale. Il numero di posti letto di degenza ordinaria deve crescere ben oltre i 350 per 100.000 abitanti odierni fino a raggiungere almeno la media europea di 500. Anche il numero di posti letto di terapia intensiva deve superare i 14 posti letto, peraltro rimasti sulla carta e mai raggiunti, per arrivare almeno a 20-25 per 100.000 abitanti. In questa situazione riteniamo sia impensabile distrarre personale dai nosocomi verso le strutture territoriali previste dal PNRR, cioè Case od Ospedali di Comunità”.

Il Servizio Sanitario Nazionale è sempre meno pubblico e la partecipazione dei privati cittadini alla spesa sanitaria è divenuta via via sempre più imponente fino a raggiungere lo scorso anno la cifra di 37 miliardi, con un numero inferiore di strutture ospedaliere e personale, senza un potenziamento adeguato del territorio. “Dobbiamo abbandonare definitivamente tutte le politiche di deospedalizzazione che hanno colpito il settore negli ultimi 40 anni – sottolineano le Società Scientifiche -. Bisogna assumere un numero consistente di medici ed infermieri, per potenziare gli ospedali. Inoltre, va frenato l’esodo di neolaureati, che per specializzarsi vanno all’estero, e il prepensionamento di molti medici, cui vanno garantiti stipendi migliori per evitare, per esempio, la fuga dai Pronto Soccorso. Va risolto anche il vergognoso problema dei medici gettonisti, che rappresentano la risposta disperata a una drammatica carenza di personale, ma in questa situazione anche ciò è difficilissimo. I gettonisti sono mandati ‘allo sbaraglio’ nei Pronto Soccorso attraverso le assunzioni in cooperative private che contraggono rapporti con molti ospedali e con emolumenti doppi o tripli rispetto ai colleghi strutturati anche da molti anni. L’effetto di questa situazione, che sembra ormai incontrollabile, oltre a produrre un enorme esborso di risorse pubbliche, rappresenta un incentivo all’esodo dei dipendenti ospedalieri e può causare effetti dannosi incalcolabili per i pazienti”.

Il PNRR prevede un investimento sanitario improntato su due grandi voci: edilizia e tecnologia. “Costruire muri, però, non significa avere ospedali, che richiedono personale e competenze che non ci sono – sottolineano le 30 Società Scientifiche di FoSSC -. Va superata la storica dualità fra ospedale e territorio, a favore di un unico sistema di servizi interconnesso, continuo e complementare. Il vero e proprio ospedale deve estendersi funzionalmente anche alle realtà sanitarie territoriali. Ciò che è territoriale deve essere considerato pre e post-ospedaliero, in una visione integrata delle due realtà”.

“La recente Conferenza della Sanità del G7, che si è svolta in Giappone, ha prodotto un Documento finale in cui viene rilanciato l’impegno a rafforzare i sistemi sanitari – concludono le Società Scientifiche -. Anche Papa Francesco e il Presidente della Repubblica hanno più volte dichiarato la loro viva preoccupazione, lanciando moniti e raccomandazioni per sostenere il sistema sanitario pubblico. Ci auguriamo che il Governo ascolti i clinici che ogni giorno curano i cittadini negli ospedali”.

 

ByFabrizio

Schillaci: “Oblio oncologico è passo contro le diseguaglianze”

24 maggio 2023 – “Una volta approvata la legge” per il diritto all’oblio oncologico “si provvederà, in accordo con le Regioni e le associazioni dei malati, a individuare modalità per il rispetto del diritto all’oblio coinvolgendo le strutture sanitarie”. E’ quanto ha dichiarato oggi in un’intervista il ministro della Salute Orazio Schillaci.

“In sostanza, rispetto a un cittadino guarito da cancro da 10 anni o 5, a seconda delle specifiche normative – spiega il Ministro – la struttura sanitaria dovrebbe rendere anonimo il dato, che dovrà avere soltanto valore statistico, e quindi non rendere disponibile l’informazione che quella persona è guarita dal cancro”. Si tratta, sottolinea, di “una iniziativa più che giusta. I disegni di legge all’esame della commissione Affari sociali della Camera vanno nella direzione giusta e sono certo che quanto prima anche l’Italia, al pari di altri Stati europei, garantirà il diritto all’oblio oncologico colmando il ritardo di anni”. “Dobbiamo assicurare al milione di persone guarite dal cancro in Italia – aggiunge il ministro – le stesse prospettive di vita della popolazione generale. Oggi ancora ci sono difficoltà per un normale rientro al lavoro, per avere un prestito o un mutuo, per stipulare un contratto assicurativo” e “il diritto all’oblio è la soluzione per rimuovere gli ostacoli che di fatto generano disuguaglianze”.

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Tumori: insonnia disturbo ricorrente per oltre il 40% dei pazienti

L’agopuntura, una delle tecniche più famose e diffuse della medicina tradizionale cinese, può rappresentare un aiuto per i pazienti oncologici. In particolare si sta rivelando un buon rimedio contro l’insonnia, una delle più frequenti conseguenze del cancro e delle sue cure. Si calcola che colpisca oltre il 40% dei malati e ne peggiora sensibilmente la qualità di vita.  E’ quanto emerso oggi a Roma durante una tavola rotonda, resa possibile ed organizzata dalla Fondazione per la Medicina Personalizzata (FMP). All’evento sono presentati i risultati di uno studio condotto presso l’Oncologia dell’Ospedale IDI di Roma su donne con tumore del seno e curate con terapia ormonale. “Abbiamo fatto svolgere alle pazienti una seduta settimanale di agopuntura – sottolinea il prof. Paolo Marchetti, Direttore Scientifico IDI di Roma, Professore Ordinario f.r. di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata -. Dopo solo due mesi i cambiamenti nella qualità e nella quantità del sonno sono stati significativamente positivi. Oltre il 43% delle partecipanti ha ottenuto la remissione completa del disturbo ed è quindi riuscita a sconfiggere l’insonnia. Abbiamo perciò dimostrato in modo scientifico le ottime proprietà benefiche di un trattamento che non presenta nessun effetto collaterale”. “La medicina tradizionale cinese sta assumendo un ruolo peculiare nella cura di alcuni disturbi – aggiunge Fabrizio Jacoangeli, Docente della Scuola di Agopuntura Energetica e Tradizionale di Roma -. In particolare l’agopuntura agisce su alcuni meccanismi sia fisiologici che psicologici. E’ un trattamento in grado di “eccitare” i recettori e le fibre nervose del tessuto stimolato. Questi a loro volta attivano, attraverso contrazioni muscolari, effetti su alcune funzioni d’organo. In oncologia può essere utile in quanto intervenire direttamente sui benefici indotti dalle terapie occidentali e inoltre agisce contro gli effetti collaterali. Con la medicina tradizionale è possibile sostenere, e talvolta anche amplificare, le azioni indotte sulla risposta immunitaria prodotta dai farmaci biologici. L’agopuntura produce un’azione de-tossificante che modera le controindicazioni delle terapie antineoplastiche come i danni epatici o cardiaci”. “C’è la possibilità e anche la necessità di integrare le due diverse “modalità di cura” per pazienti complessi come quelli oncologici – conclude il prof. Marchetti -. Ogni giorno solo in Italia più di 1.000 persone sono colpite da una forma di tumore e devono perciò iniziare un percorso di cura spesso difficile. Garantire una buona qualità di vita dopo la diagnosi, e soprattutto durante le terapie, è essenziale. Anche questo può contribuire ad ottenere una risposta positiva dell’organismo contro la neoplasia. L’insonnia ricorrente è un disturbo che non può essere sottovalutato in quanto rende veramente difficili le giornate anche ad una persona sana. Diventa ancora più invalidante per chi sta affrontando una malattia già difficile come il cancro. Ben vengano quindi tutti quei rimedi che possono aiutare un malato oncologico ad avere notti serene e soprattutto riposanti. Lo studio che abbiamo condotto a Roma, sugli effetti positivi dell’agopuntura per le donne con carcinoma mammario, rappresenta solo un primo step. Servono ora indagini più approfondite per verificare le ulteriori possibili implicazioni della medicina tradizionale cinese. Decine di migliaia di uomini e donne nel nostro Paese potrebbero infatti beneficiare di nuovi trattamenti di supporto”.

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OMS: “Più schermi e meno sport, il peso del Covid sui bambini’

Tra lockdown e misure di distanziamento, la pandemia Covid, ha cambiato le abitudini di tutti, in particolare dei bambini. Uno su tre ha passato più tempo davanti allo schermo e ha ridotto l’attività fisica, mentre il 20% dei genitori ha visto peggiorare livelli di attenzione dei propri figli. A certificarlo sono i dati dell’Oms Europa che dimostrano gli effetti della pandemia in 13 dei 53 paesi europei per un totale di quasi 43.000 famiglie, incluse 4.900 italiane.

Il 30% delle famiglie ha iniziato a cucinare più pasti fatti in casa durante la pandemia, consentendo un maggiore controllo su ingredienti più sani, in genere, di quelli del cibo comprato al supermercato o ordinato a domicilio. Un genitore su 5 ha però riferito però che i propri figli hanno iniziato a consumare più dolci come caramelle, torte, gelati e pasticcini, portando a un aumento del rischio di obesità. Tanto che è raddoppiata la percentuale di genitori che riteneva che il peso dei loro figli fosse aumentato.  Le restrizioni imposte durante la pandemia hanno ridotto le opportunità per i bambini di dedicarsi all’attività fisica e al gioco all’aperto: il 30% è diventato meno attivo rinunciando a andare in bicicletta, giocare a calcio o correre nel parco. Sono aumentati di pari passo i livelli di tempo sullo schermo. Durante il lockdown, circa il 36% dei bambini ha trascorso più tempo guardando la televisione, giocando ai videogiochi o utilizzando i social media. L’impatto negativo che Covid-19 ha riguardato anche il benessere psicologico, con una riduzione della capacità di attenzione riscontrata nei propri figli da almeno 2 genitori su 10. “Le lezioni che abbiamo tratto – commenta Kremlin Wickramasinghe, consigliere dell’Oms Europa per l’alimentazione – sottolineano l’importanza di attuare politiche efficaci per migliorare l’alimentazione, incoraggiare l’attività fisica e proteggere il benesser delle famiglie”. Ciò “è particolarmente importante per proteggere la salute dei gruppi dei gruppi socioeconomici più svantaggiati, che sono stati colpiti più duramente dagli effetti della pandemia”.

 

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Tumori, la metà dei pazienti può essere colpito da malnutrizione

Il 49% dei pazienti oncologici, durante il percorso della malattia, può essere interessato da fenomeni di malnutrizione. All’esordio della neoplasia invece fino al 14% dei malati, con tumore in stadio metastatico, è già malnutrito. La patologia può, infatti, provocare un alterato utilizzo di nutrienti da parte dell’organismo umano e causare complesse modifiche metaboliche. Inoltre, le terapie hanno in alcuni casi delle tossicità che riducono le capacità di alimentarsi. Da qui l’esigenza che a tutti i pazienti siano effettuati degli “screening nutrizionali”. Ma al momento ricevono queste valutazioni solo il 3% dei pazienti con neoplasie non metastatiche e l’8% di quelli con malattia metastatica. È quanto evidenzia il contributo del Gruppo di Lavoro Intersocietario Italiano “Nutrizione nel paziente oncologico” nel 15° Rapporto sulla Condizione Assistenziale dei Malati Oncologici di FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), presentato nell’ambito della XVIII Giornata Nazionale del Malato Oncologi. “Il principio di fondo è in qualche modo lo stesso degli screening svolti per il tumore del seno, del colon-retto o della cervice uterina – afferma il Prof. Paolo Pedrazzoli, AIOM -. Bisogna riuscire ad identificare il più precocemente possibile quei pazienti affetti da malnutrizione o a rischio di sviluppare tale complicanza. Dopo di questo è necessario intervenire tempestivamente con la valutazione nutrizionale e con opportune terapie che vanno dalla messa a punto di un piano dietetico personalizzato, la prescrizione di integratori orali fino alla somministrazione di nutrienti liquidi per via endovenosa o attraverso un sondino. Va ricordato che uno stato nutrizionale deteriorato condiziona negativamente un adeguato percorso oncologico di cura. Nel soggetto malnutrito sono infatti più frequenti le complicanze post-chirurgiche e da chemioterapia o radioterapia, con la necessità di ritardare i trattamenti oncologici o addirittura sospenderli. Tutto ciò può portare a conseguenze molto pericolose per lo stato di salute del singolo malato. Possono verificarsi inoltre ricoveri ospedalieri più lunghi con maggiori costi per l’intero sistema sanitario nazionale, come dimostrato da vari studi scientifici”.
Nei mesi scorsi un gruppo di lavoro composto da rappresentanti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) ha condiviso un position statement. L’obiettivo del documento è stato sottolineare il ruolo imprescindibile della valutazione nutrizionale nell’approccio al paziente con tumore. “Grazie al lavoro degli specialisti oggi sono disponibili diversi strumenti per identificare precocemente i pazienti che necessitano di un supporto nutrizionale – conclude il prof. Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO-. Tuttavia, il loro impiego risulta ancora molto carente in tutto il territorio nazionale ed è necessario implementarlo. Tutti i malati devono ricevere valutazioni e le cure appropriate anche dal punto di vista nutrizionale. Questi particolari screening devono diventare parte integrante della documentazione clinica di ciascun malato”.

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Tumori: nel nuovo piano oncologico mancano obiettivi concreti e risorse

Roma, 18 maggio 2023 – Il Piano Oncologico Nazionale (PON) 2023-2027 è un documento ambizioso, come dimostra il consenso ricevuto in Conferenza Stato-Regioni. Però è troppo generico nella formulazione degli obiettivi e non prevede i necessari finanziamenti per la loro realizzazione. A fronte del riconoscimento della centralità dell’assistenza ai malati di cancro, le azioni concrete da mettere in campo non sono definite, rischiando così di “navigare a vista”. Gli aspetti più critici riguardano le Reti Oncologiche Regionali, ancora prive di risorse dedicate, non sono indicati gli strumenti per raggiungere la copertura prevista per gli screening per i tumori della mammella, del colon-retto e della cervice uterina, non vi è alcun riferimento alla qualità delle prestazioni chirurgiche in oncologia e l’ammodernamento del parco tecnologico non contempla le attrezzature per radioterapia. Non solo. Non vengono definiti i criteri per programmare la realizzazione di laboratori di biologia molecolare sul territorio nazionale e non sono previsti i necessari interventi urgenti di carattere normativo per la riabilitazione. La mancata definizione di questi aspetti rischia di compromettere la presa in carico dei pazienti e la loro qualità di vita, oltre ad aumentare i costi della malattia. Ogni anno infatti in Italia si registrano 895mila ricoveri per tumore, con una spesa annuale per i soli costi diretti ospedalieri pari a oltre 4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 2,5 miliardi di uscite per le prestazioni assistenziali. Per questo FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), insieme a tutte le Società scientifiche autrici del capitolo, chiede di istituire un tavolo di lavoro per la stesura di un regolamento attuativo, strutturato e definito, che nei diversi ambiti renda operativo il PON; di identificare e nominare un gruppo di coordinamento per la valutazione annuale degli indicatori e la loro puntuale pubblicazione e di definire gli strumenti operativi che, sulla base del monitoraggio e degli indicatori annuali, permettano di procedere con le necessarie e tempestive misure correttive. Le richieste sono contenute nel 15° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi a Palazzo Madama, nell’ambito della XVIII Giornata nazionale del malato oncologico promossa da FAVO.

“Per assicurare la realizzabilità e l’allineamento del nostro Piano a quello europeo, che si basa su 3 pilastri (Prevenire il prevedibile; Ottimizzare diagnosi e trattamento e Qualità di vita), è assolutamente indispensabile – spiega Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO – l’immediata attivazione delle Reti Oncologiche Regionali e della Rete Nazionale dei Tumori Rari, conditio sine qua non per la presa in carico complessiva dei malati di cancro e per garantire loro la migliore qualità di vita possibile. Alla guarigione clinica spesso si accompagnano infatti disabilità, fisiche e psicosociali, recuperabili proprio attraverso programmi di riabilitazione. Ciò è necessario per restituire alla persona guarita una vita piena e soddisfacente, ma anche un dovere e una responsabilità collettiva per garantire un uso appropriato delle risorse”. “Si pensi ai vantaggi di reintegrare una persona guarita nel mondo del lavoro: il ritorno alla vita attiva si traduce in un risparmio di spesa previdenziale, al contempo contribuendo a dare sostanza alla condizione di guarito – continua Elisabetta Iannelli, Segretario FAVO -. I tumori rappresentano la causa principale del riconoscimento degli assegni di invalidità e delle pensioni di inabilità, con un trend in costante crescita negli ultimi anni. Le insufficienze del sistema sul piano della riabilitazione sono state riconosciute anche dall’Unione Europea, che ha messo in campo azioni correttive di grande rilevanza. Anche l’Italia deve adottare i provvedimenti normativi necessari perché sia riconosciuto il diritto alla riabilitazione oncologica, definendo percorsi specifici in funzione di ciascuna patologia e assicurandone l’accesso attraverso il riconoscimento nei Livelli Essenziali di Assistenza”.

“Il Piano Europeo di lotta contro il cancro, presentato dalla Commissione Europea, riporta per il 2020 nei Paesi dell’Unione Europea 2,7 milioni diagnosi di cancro e 1,3 milioni di morti per questa patologia, stimando, in assenza di interventi strategici, un ulteriore aumento della mortalità di oltre il 24% entro il 2035. Anche in Italia in questa prospettiva risulta indispensabile programmare nell’ambito del nostro SSN una strategia di controllo della malattia cancro, con iniziative e obiettivi definiti e soprattutto attuabili. Questo può essere l’obiettivo della sanità pubblica per un adeguato controllo del cancro in tutte le fasi della malattia. In una strategia e programmazione sanitaria finalizzata a garantire l’effettiva realizzabilità del PON, è indispensabile integrare l’enunciazione tecnico-scientifica con aspetti più direttamente correlabili alla operatività ed alla efficacia degli interventi. Da un punto di vista di impostazione generale occorre sottolineare che alcuni temi più di carattere strategico richiedono un necessario allineamento con il Piano Europeo, come indicazioni di pianificazione e programmazione specifica in termini di rilevazione del fabbisogno, indicazioni specifiche delle risorse da investire o quantomeno degli standard di riferimento. È indispensabile per la sanità pubblica intervenire in aree con ricadute sui sistemi sanitari regionali, come l’implementazione degli screening oncologici con obiettivi regionali e trend temporali di crescita, la riqualificazione delle cure intermedie e dell’assistenza domiciliare, l’assistenza psicologica e la riabilitazione oncologica. Inoltre, è necessario prevedere interventi operativi a livello delle aziende sanitarie erogatrici che intervengano in merito ai tempi previsti, agli indicatori di monitoraggio, all’appropriatezza dei setting in base al percorso di cura del paziente oncologico e onco-ematologico, valorizzando da un lato la medicina di prossimità e dall’altro il ruolo dei centri di eccellenza, e l’accesso alla innovazione scientifica e alla ricerca”, illustra Carmine Pinto, Presidente FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups).

Una riduzione del 6-8% della mortalità per tumore determinerebbe in Italia 10.000-14.000 decessi in meno ogni anno. “Questo può essere l’obiettivo della sanità pubblica per un’adeguata strategia di controllo del cancro, che comprenda tutte le fasi, dalla prevenzione primaria e sensibilizzazione dei cittadini, allo screening, alla diagnostica fino all’equità di accesso alle cure migliori sull’intero territorio – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Nel PON viene dato molto risalto alle Reti Oncologiche Regionali, però non viene fatto cenno al Coordinamento Generale delle Reti Oncologiche, previsto nel Documento adottato dalla Conferenza Stato-Regioni il 17 aprile 2019. Inoltre, perché le Reti Oncologiche Regionali raggiungano una reale efficienza, sono necessarie risorse dedicate che non vengono stabilite dal PON, partendo da una valutazione dei bisogni e con una diretta autonomia di spesa. Elemento centrale delle Reti Oncologiche Regionali sono i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali, ma anche in questo caso mancano indicazioni sui finanziamenti indispensabili per coprire le figure necessarie, quali clinical study coordinator, psicologi, nutrizionisti, fisiatri, assistenti sociali, professionalità che oggi mancano quasi ovunque”.

“Nel PON non viene menzionata la qualità delle prestazioni chirurgiche in oncologia – evidenzia Alfredo Garofalo, Presidente emerito SICO (Società Italiana di Chirurgia Oncologica) -. Nei tumori solidi spesso la chirurgia rappresenta il primo approccio alla malattia e un intervento inadeguato può influenzare tutte le fasi successive della strategia terapeutica integrata. L’individuazione di centri ad alto volume di attività chirurgica per patologie oncologiche è un passaggio obbligato per assicurare ai pazienti una qualità delle prestazioni che consenta l’approccio alla malattia più moderno ed efficace. Per il riconoscimento delle unità operative ‘ad alta specialità in chirurgia oncologica’, i centri dovrebbero certificare i volumi minimi di attività degli ultimi tre o cinque anni ed essere dotati di caratteristiche organizzative per garantire alti livelli di efficienza e qualità”.

“L’oncologia di precisione, una delle più rilevanti innovazioni che sta modificando la prognosi dei pazienti, richiede una caratterizzazione bio-molecolare dei tumori, per ottimizzare i risultati delle terapie in termini di efficacia e di risparmio di tossicità – sottolinea Nicola Normanno, Past President SIC (Società Italiana di Cancerologia) e Presidente di IQN Path (International Quality Network for Pathology) -. Nel PON mancano riferimenti per sviluppare una governance a livello nazionale e regionale per i laboratori di biologia molecolare e, in particolare, per l’esecuzione dei test di sequenziamento genico di nuova generazione. È indispensabile definire criteri stringenti per la realizzazione di laboratori di biologia molecolare nell’ambito delle Reti Oncologiche Regionali, che considerino volumi di popolazione, logistica, qualità dei test e piattaforme informatiche. Infine, devono essere organizzati percorsi di collegamento tra le Reti Oncologiche e le attività di ricerca clinica, per favorire l’accesso dei pazienti oncologici alle nuove terapie”.

“Il PON non prevede un piano di aggiornamento del parco tecnologico per la radioterapia, che invece necessita di tecnologie e risorse umane in grado di offrire cure adeguate in tutto il Paese, nel rispetto del principio di equità e per contenere le migrazioni sanitarie che incidono pesantemente sui pazienti e sui caregiver – afferma Cinzia Iotti, Presidente AIRO (Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica) -. Nel PON non è definito cosa si intenda per innovazione né si fa cenno ad un piano di investimento che tenga conto dei bisogni del territorio e del contesto in cui le attrezzature più innovative dovrebbero essere collocate. Vi è inoltre la necessità di costituire il circuito delle reti radioterapiche regionali, in grado di monitorare i fabbisogni e l’appropriata distribuzione delle risorse tecnologiche e professionali”.

“Le persone che vivono dopo una diagnosi di tumore in Italia stanno rapidamente aumentando: dai 2 milioni e mezzo del 2006, il loro numero ha superato, nel 2020, i 3,6 milioni. Quasi un terzo, circa un milione di cittadini, può considerarsi guarito – afferma Giordano Beretta, Presidente Fondazione AIOM -. Le linee strategiche, con riferimento alla realizzazione di interventi specifici per la tutela ed il reinserimento lavorativo dei pazienti, dei guariti e dei caregiver risultano ancora generiche. Nel Piano Oncologico non si interviene sulla necessità di promuovere e sostenere l’approvazione da parte del Parlamento di normative a tutela del lavoro per malati e caregiver e sulla richiesta di una legge sul diritto all’oblio oncologico, per la quale Fondazione AIOM ha promosso una petizione nazionale, che ha già raccolto circa 106mila firme”.

 “Il nuovo scenario impone lo sviluppo e un utilizzo sempre maggiore di appropriati strumenti di programmazione e valutazione economica. Riuscire a disegnare percorsi assistenziali e di accesso alle cure tempestive (accompagnati da una puntuale stratificazione dei pazienti) permette una riduzione tanto dei costi diretti quanto dei costi relativi alla spesa previdenziale, senza dimenticare l’obiettivo fondamentale che è rappresentato dal miglioramento dello stato di salute dei pazienti. Un nostro studio recente (EEHTA CEIS Università Tor Vergata) è stato in grado di stimare una spesa annuale per i soli costi diretti ospedalieri pari a oltre 4 miliardi di euro, cui si aggiungono 2,5 miliardi di costi indiretti a carico del sistema previdenziale (spesa assistenziale). L’analisi della mobilità sottolinea ulteriormente la necessità di uno sforzo per appianare le differenze regionali in termini di offerta ospedaliera, prevenzione e medicina territoriale. È necessario che la spesa per programmi di prevenzione e screening torni ai livelli pre pandemia e li superi. L’incremento, infatti, dei costi per l’effettuazione di queste procedure viene comunque largamente compensato da una più efficiente allocazione delle risorse e, soprattutto, da una importante ed evidente riduzione dei costi, sia diretti che indiretti, nel medio-lungo periodo grazie ad una presa in carico precoce seguita da trattamenti efficaci”, spiega Francesco Saverio Mennini, Direttore EEHTA-CEIS, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’ e presidente SiHTA.

 “FAVO è nata nel 2003 – conclude Francesco De Lorenzo -. In venti anni di attività, in sinergia con le Istituzioni e le società scientifiche, FAVO ha raggiunto traguardi importanti. Ricordiamo, tra gli altri, il diritto dei malati oncologici di poter continuare a lavorare, nel pubblico e nel privato, attraverso la trasformazione, reversibile, del tempo pieno in part-time, la riduzione da un anno a 30 giorni del tempo necessario per ottenere il riconoscimento della disabilità oncologica, il formale riconoscimento del ruolo delle associazioni dei pazienti nelle Reti Oncologiche regionali a tutti i livelli e il necessario coinvolgimento degli advocacy patient nella attività di ricerca. Questi risultati rappresentano una vera e propria rivoluzione del modo di concepire la malattia oncologica. FAVO ha cambiato la vita dei malati e dei guariti, agendo sulle Istituzioni, sulle organizzazioni professionali e sulle società scientifiche ma, soprattutto, sulla cultura, per cambiarla, dando un contributo determinante al superamento dello stigma ‘cancro uguale morte’. La sfida per il futuro sarà consolidare questi risultati”.