14 Maggio 2021
Tumori: l’11% dei pazienti rifiuta il vaccino anti-covid
Il lavoro è in pubblicazione su “European Journal of Cancer”
L’11% dei pazienti oncologici rifiuta la vaccinazione anti-Covid. I motivi? Per il 48% il timore degli effetti collaterali della profilassi, per il 26,7% la preoccupazione di possibili interazioni con la concomitante terapia antitumorale, per il 10,7% la paura di reazioni allergiche. Non solo. La decisione di sospendere uno dei vaccini disponibili, quello prodotto da AstraZeneca, nel periodo fra il 15 e il 19 marzo, ha determinato una netta flessione nella propensione di questi pazienti fragili all’immunizzazione anche con un vaccino diverso, cioè quello prodotto da Pfizer. I cittadini colpiti da cancro che hanno detto no al siero sono più che raddoppiati dopo il 15 marzo, passando dall’8,6% al 19,7%. Lo studio è in pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica “European Journal of Cancer”. Si tratta del primo report al mondo sull’aderenza dei pazienti oncologici alla vaccinazione anti-Covid ed è stato condotto fra l’1 e il 20 marzo 2021, coinvolgendo 914 persone in cura presso l’Istituto Regina Elena di Roma.
“I cittadini colpiti da tumore presentano un rischio maggiore di complicazioni se contagiati da Covid, con un tasso di mortalità del 30% in caso di ospedalizzazione – afferma il Prof. Francesco Cognetti, ultima firma dello studio, Direttore Oncologia Medica Regina Elena di Roma e Presidente FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi) -. Il Ministro della Salute e FOCE, nei mesi scorsi, hanno collaborato per inserire proprio i pazienti oncologici, cardiologici ed ematologici nella categoria con priorità assoluta nella vaccinazione, perché particolarmente fragili. Il travagliato iter autorizzativo dei vaccini, in particolare di quello prodotto da AstraZeneca (AZD1222) che è stato temporaneamente sospeso per 5 giorni dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), insieme alla grande attenzione riservata dai media a questo tema, possono aver influenzato l’aderenza alla vaccinazione”.
La maggioranza dei pazienti coinvolti nello studio (96%) era in trattamento attivo o lo aveva ricevuto nei 6 mesi precedenti e il 4% era sotto sorveglianza con progressione di malattia. A questi pazienti, in linea con il Piano vaccinale del Governo, è stato proposto il vaccino BNT162b2, prodotto da Pfizer. “Un’indagine era stata condotta in Francia, prima dell’inizio della campagna di immunizzazione, e aveva evidenziato la mancata propensione a vaccinarsi da parte del 16,6% dei pazienti oncologici – continua il Prof. Cognetti -. Il nostro studio invece si riferisce al rifiuto effettivo di ricevere il siero. E per la prima volta al mondo viene scattata una fotografia di questo tipo, riferita alla campagna in corso. Inoltre nello studio francese più della metà dei pazienti era sotto sorveglianza o assumeva terapia ormonale rispetto alla popolazione arruolata nel nostro lavoro, che era in maggioranza in trattamento attivo”. “È interessante notare – sottolinea il Prof. Cognetti – come il tasso di rifiuto sia più che raddoppiato dopo il bando del vaccino prodotto da AstraZeneca. È la dimostrazione che le decisioni delle autorità regolatorie e le informazioni diffuse dai media possono influenzare la volontà dei pazienti nell’accesso all’immunizzazione. Il tasso di rifiuto, che ha raggiunto il 19,7%, risulta decisamente maggiore (+5%) rispetto a quanto riportato in un’indagine nella popolazione generale italiana nello stesso periodo”. “Si può, quindi, presumere che i pazienti con cancro, pur avendo un consistente rischio di letalità da Covid, subiscano maggiore influenza negativa da informazioni sulla sicurezza del vaccino, proprio per la loro grande fragilità – conclude il Prof. Cognetti -. Infatti il tasso di rifiuto era più alto fra i malati in condizioni cliniche più gravi. La drammatica diminuzione dell’aderenza al vaccino può tradursi in un numero elevato di morti altrimenti evitabili. Per raggiungere il successo della campagna vaccinale, con l’appropriato coinvolgimento dei più fragili, è necessaria più chiarezza nelle decisioni da parte dell’autorità regolatoria e più cautela nella diffusione di notizie potenzialmente allarmistiche, riprese con troppa eco prima di una valida revisione scientifica”.
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